Finalmente ! Dopo tanto studiare e riflettere, il bocconiano segretario regionale del PD, dott. Silvio Paolucci, ha individuato, senza alcun dubbio, i responsabili dello sfascio economico e sociale in cui versa l’Italia e, quindi, anche la nostra regione. Le colpe e le responsabilità per il dott. Paolucci sono dei sessantenni e dei settantenni, rei di aver molte, troppe, conoscenze e relazioni sociali. In una parola perché sono molto conosciuti.
Questi loschi individui, per il dott. Paolucci, impediscono con la loro presenza a tutti i livelli (istituzioni, partiti, aziende, ecc.), il ricambio sociale; impediscono cioè ai giovani come lui di assumere la guida delle istituzioni e dei partiti.
Poveri noi ! Se a parlare così é il segretario del più grande partito d’opposizione, il PD, allora siamo proprio fritti.
Il dott. Paolucci dimentica, però, che é Lui, un trentenne, il segretario del PD abruzzese. Dimentica di dire che un suo coetaneo, dott. Camillo D’Alessandro é il capogruppo alla regione Abruzzo.
Il segretario del PD regionale riduce l’efficacia e l’efficienza dell’azione politica e, quindi, delle elaborazioni ideali ad una semplice questione anagrafica.
Troppo semplice. Il corollario a quest’affermazione é: gli anziani sono da rottamare . . . perciò largo ai giovani. Se non ricordo male queste cose le ho sentite già qualche tempo fa da un altro giovane politico toscano.
In verità, se guardiamo bene alla politica della nostra Regione possiamo affermare che effettivamente vi sono stati degli avvicendamenti nei posti della “politica” a tutti i livelli. Rispetto a questo fenomeno dobbiamo anche annotare che non si é prodotto o che non si stanno producendo significative innovazioni nei risultati concreti.
Allora, egregio dott. Paolucci, come vede non é una questione anagrafica, ma bensì un fatto culturale e politico. Buttarla sull’età delle persone, così come fa lei, non é bello da sentire, specialmente perché Lei é un giovane e per giunta ricoprente una carica importante di potere. Ci sono molti sessantenni e settantenni che in pratica sono di gran lunga più “giovani” di Lei, mi creda.
Persone che da sempre hanno messo in guardia la politica rispetto alle scelte in materia di economia, lavoro e società.
Oggi facciamo i conti con scelte fatte sull’onda di un riformismo a tutti i costi, scimmiottando in economia l’americanismo più deleterio. Giovani economisti, giovani politici, che negli anni ’80 e ’90 hanno definitivamente rimosso dal centro della politica l’uomo, la famiglia e il valore costituzionale del lavoro a favore del mercato e del profitto a tutti i costi, legittimando la speculazione finanziaria, facendola apparire come momento e fattore di sviluppo dei processi economici e mettendo in secondo piano le ragioni dell’economia reale.
Si é relegato l’uomo a variabile dipendente e ridotto il lavoro da diritto costituzionale a variabile flessibile nel complesso sistema del processo produttivo.
Vede dott. Paolucci, se vogliamo proprio metterla sull’età anagrafica, dobbiamo dire che sono stati proprio quei “ giovani intellettuali” di scuola classica che hanno contribuito in larga misura a scardinare alcune conquiste del movimento sindacale del nostro Paese.
Personalmente sono molto d’accordo nel dare più spazio ai giovani, ma a quelli che veramente hanno idee innovative ed originali. A quei giovani che, nei fatti e nei comportamenti, dimostrano di avere a cuore le sorti della nostra società.
Sarei, però, molto cauto a dare fiducia a quei giovani che pappagallescamente ripetono “le mode” e che pur in posizione di potere, come lo é certamente Lei, si attardano ad elaborazioni che contribuiscono ad allargare fratture generazionali che non porteranno nulla di buono.
Marco Di Sciullo